Le doti per produrli e come svilupparli
In questo libro ci sono 230 punti interrogativi. Quei segni di interpunzione fatti a serpentina che sollecitano una reazione. Le pagine che avete sottomano raccolgono infatti un best of di domande per le quali non esiste la spiegazione a fondo pagina, perché la risposta è differente da individuo a individuo e mutevole nel corso della vita.
È un manuale interattivo, che interroga il lettore scansando le ricette di validità generale (s)vendute da guru di ogni grado e settore. Come la levatrice di Socrate, pone quesiti, suggerisce soluzioni, fornisce elementi di valutazione ma poi lascia liberi di mettere al mondo le proprie doti, i pensieri personali.
Con questo lavoro-concept, Sebastiano sintetizza 25 anni di esperienza nelle aziende e in aula codificando un metodo in grado di fare la grande differenza. Ci sprona e ci guida in un safari dentro noi stessi, toccando cinque cippi miliari: definire il punto d’arrivo, inventare tragitti inusuali, saper deviare in corsa restando fedeli alla meta, illuminare la targa, cioè il personal brand che ci identifica, scegliere compagni di viaggio cooperativi. È un percorso ricco di cartelli segnaletici, da Leopardi a Richard Branson. A ogni fermata intermedia, schede da compilare, una sorta di drive test per tenere la carreggiata – o uscirne deliberatamente. Di fronte a un mondo che ha perso solidità trasformandosi in flusso, le opzioni sono due: lasciarsi trasportare dalla marea o sfruttare le correnti per andare più lontano. Sebastiano, assieme a Giacomo Dall’Ava, apre la seconda busta e ci lancia una pila di salvagenti: l’isolamento creativo, la distruzione prudente, il riordino di pezzi della nostra vita, il riciclo sostenibile delle esperienze, l’utilità di sbagliare (il giusto), l’elogio della fatica come condizione necessaria – sebbene non sufficiente – per avere successo.
Risultati solidi in una società liquida insegna a raggiungere obiettivi tangibili e fornisce gli strumenti con cui “passare dall’intenzione all’azione”. Per provare a diventare il capolavoro che desideriamo, partendo dalla materia prima di cui siamo costituiti. Ne vale la pena? Sì, per tutti coloro che sono concentrati sul realizzare progetti. Ma lascio a voi l’ardua sentenza, questo è il punto interrogativo numero 231.
(testo a cura di Alessandro Zaltron)