Cinque capitoli di riflessione sulle tracce del bene
La vita non è il male, il libro di Gabriella Caramore e Maurizio Ciampa pubblicato da Salani, parte dal desiderio di evidenziare le tracce del bene disseminate nella cronaca, nelle testimonianze storiche, nella letteratura, nel cinema.
La loro è un’indagine quasi poliziesca, che procede per indizi, perché il male “ha più risonanza del bene, o così pare, ed è comunque più facile da raccontare”.
Dal discorso di Jens Stoltenberg, capo del governo norvegese, dopo la strage di ragazzi nell’isola di Utoya (dobbiamo prenderci cura l’uno dell’altro) al coraggio di Sophie Scholl che si oppone al nazismo (da lei pubblicamente definito la più abominevole tirannia che il nostro popolo abbia mai sopportato) dal “sogno ragionevole” di Giulio Regeni di conoscere il mondo che ama, al romanzo Vita e destino di Vasilij Grossman ai molti altri esempi di resistenza alla crudeltà e all’oppressione dell’uomo sull’uomo: quello delineato in questo libro è un percorso di speranza nel futuro dell’umanità proprio mentre l’Isis conduce la sua battaglia per esportare il suo modello di odio diffuso.